L’intelligenza artificiale generativa (Generative AI, o GenAI) può essere per le imprese italiane una forte leva di produttività, grazie alla possibilità di automatizzare compiti complessi in diverse aree del processo industriale.
Anche la Computer Vision ha visto un potenziamento significativo in questo scenario, superando i limiti tradizionali di analisi puramente descrittiva, estendendosi all'elaborazione e alla sintesi di contenuti visivi. Il risultato è la creazione di metodologie innovative di collaborazione tra uomini e algoritmi.
L’accelerazione dell’azione da parte delle imprese, necessaria al sistema imprenditoriale italiano ed europeo per recuperare produttività, si scontra con una cultura aziendale ancora immatura.
Questi i temi che sono stati al centro dell’intervento di Emanuele Frontoni (Full Professor of Computer Science Università di Macerata, Co-Director VRAI Vision, Robotics & Artificial Intelligence Lab) al workshop “Oltre l’automazione: verso la Software Defined Factory” organizzato dall’Industrial Innovation Lab e tenutosi a Bologna lo scorso 25 settembre presso il Museo del Patrimonio Industriale.
Il workshop è stata l’occasione per esplorare le tante opportunità poste dalla Generative AI per l’automazione industriale, discutendo casi concreti, vantaggi e sfide applicative.
Tra le maggiori criticità evidenziate dal professore vi è una cultura del dato ancora non matura con le immagini che rappresentano una sorta di “buco nero” nella gestione degli asset industriali.
“Abbiamo ancora poca consapevolezza: le immagini spesso circolano tramite whatsapp, spesso sono utilizzate in maniera impropria, spesso sono poco annotate, spesso non sono dataset. Le immagini devono invece diventare asset multimediali che imprese piccole, medie e grandi possano dare in pasto a sistemi di AI dentro una visione di collaborazione tra esseri umani e algoritmi” ha spiegato.
Eppure, sul fronte dello sviluppo dell’AI si contano già diverse storie virtuose di aziende che, proprio partendo da questo tipo di dati multimediali, hanno creato applicazioni di intelligenza artificiale conosciute e apprezzate a livello globale che spaziano dalla sanità all’automazione del controllo qualità, fino alla creazione collaborativa di design nella moda.
L'innovazione si estende al Design Meccanico 3D (Automotive), dove l'AI genera complessi oggetti meccanici a partire da prompt tridimensionali (es. "connetti parti verdi, evita parti rosse"), producendo decine di soluzioni in tempi rapidissimi.
L'eccellenza italiana nel settore moda sfrutta l'AI generativa per il supporto alla creatività: i sistemi generano centinaia di combinazioni di composizioni partendo da uno sketch e dai materiali forniti dal designer. Questo approccio di digital production abbatte drasticamente la necessità di prototipare fisicamente ogni variante.
Nonostante questi ed altri vantaggi, l’adozione nelle aziende è ancora limitata. Le ragioni di questo ritardo non riguardano unicamente la maturità tecnologica delle organizzazioni, derivano spesso da una cultura aziendale poco matura e non improntata all’automazione.
Da un lato, è spesso presente una cultura che non riesce a tenere il passo con le soluzioni tecnologiche presenti e che sono invece conosciute e utilizzate dalle generazioni più giovani. Generazioni che stanno crescendo abituate a usare strumenti di AI per automatizzare compiti complessi partendo, ad esempio, dall’ambito scolastico.
“Il rischio principale è che l'attuale lentezza nell'adottare l'automazione, soprattutto per i processi banali e ripetitivi (come la compilazione manuale o il controllo incrociato di documenti), creerà un forte shock culturale per le nuove generazioni, che considerano l'automazione dei processi multimediali e complessi una normalità”, ha spiegato Frontoni.
Dall’altro, molte organizzazioni presentano un’adeguatezza anche sul fronte della gestione e l’utilizzo degli asset multimediali necessari ad addestrare i modelli di AI.
A ciò si aggiunge il rischio derivante dall'inconsapevolezza: l'uso non autorizzato di versioni gratuite di Large Language Models (LLM) per caricare dati sensibili interni espone le aziende a una potenziale e involontaria cessione di conoscenza.
Un altro ostacolo culturale risiede nella scarsa consapevolezza che per addestrare al meglio i modelli di AI e GenAI sono indispensabili team e competenze multidisciplinari. L'efficacia di un modello di AI, infatti, non dipende unicamente dalla sua potenza computazionale, ma dalla capacità di chi lo alimenta di dialogare con l'algoritmo, guidandolo con precisione.
Questa operazione richiede una profonda comprensione del dominio specifico (ad esempio, il processo manifatturiero o la qualità del legno), unita a competenze che spaziano dall'informatica alla capacità di prompting sofisticato.
La tendenza a considerare l'AI come un'attività esclusivamente informatica o di coding porta a risultati sub-ottimali. Al contrario, l'integrazione di figure professionali con background tecnici, creativi e umanistici produce output pertinenti, etici e in grado di generare valore reale.
L'adozione su larga scala di sistemi di AI e GenAI impone un ineludibile assessment etico per garantire uno sviluppo trasparente e sostenibile.
La questione della fiducia è centrale, specialmente in un contesto globale in cui gli approcci normativi e culturali divergono. A fronte di modelli, come quello statunitense o cinese, che mostrano un'attenzione ridotta alla governance preventiva, l'Europa ha l'opportunità di costruire un'AI etica e trasparente che generi affidabilità negli utilizzatori.
Questo richiede, innanzitutto, un corretto approccio nell’interazione con la tecnologia.
“Smettiamola di umanizzare questi modelli. L’AI è uno strumento, una ‘macchina’ e non un interlocutore umano e deve essere usata come tale, in modo consapevole”, ha incalzato Frontoni.
Per accelerare nell’adozione dell’AI e della Generative AI vi è quindi bisogno, prima di tutto, di un’evoluzione culturale all’interno delle organizzazioni. Quando questo avviene, come dimostrano i casi d’uso presentati nel corso del workshop, l’AI diventa un fondamentale facilitatore per la generazione di valore condiviso all'interno degli ecosistemi industriali.