Il cambiamento è possibile solo se le persone sono disposte a evolvere per il bene proprio e dell’organizzazione.
Intervista a Mirko Otranto – HR Manager SEW-EURODRIVE.
Molte volte si pensa che la trasformazione digitale sia una questione di strumenti, che per innovare in azienda sia sufficiente acquistare macchinari avanzati o automatizzare le procedure. L’impresa, però, non è fatta soltanto di capannoni, macchinari e magazzini. L’impresa è fatta da chi quotidianamente la vive, il vero e unico motore che può portare a una trasformazione: le persone.
Il cambiamento, quindi, è possibile solo se le persone sono in grado di affrontarlo nel modo giusto, se sono capaci di uscire dagli schemi in cui hanno sempre vissuto, di mettersi in gioco e se sono disposte a evolvere per il bene proprio e dell’organizzazione.
La trasformazione digitale è un meccanismo pervasivo sotto molti punti di vista e, come ogni novità, ha un impatto sulle persone. Davanti a un cambiamento ognuno reagisce in modo diverso: c’è chi sceglie di sposare la causa, di governarlo e chi invece antepone resistenza, anche involontariamente, al cambiamento.
Il modo in cui viene affrontato un processo di trasformazione digitale fa la differenza e a spaventare, molto spesso, è il fatto che non si conosce realmente quali siano le potenzialità del digitale.
Può essere una questione di paura verso il cambiamento in generale o il timore di essere sostituiti da una macchina, in grado di compiere le stesse operazioni in modo automatizzato, a frenare o spaventare le persone.
In questo contesto, infatti, diventa indispensabile affrontare le evoluzioni in modo propositivo per riuscire a dare valore aggiunto all’organizzazione in cui si opera; ma se manca la cultura del cambiamento questo non può avvenire. Solo sfidando sé stessi per migliorarsi e accrescere le proprie competenze, si può rimanere al passo con l’innovazione e non essere sostituibili daun automatismo o da un’intelligenza artificiale.
Cambiare è una delle cose più difficili da fare, ma se si affrontano le cose sempre nello stesso modo non può esserci alcuna trasformazione. Il cambiamento presuppone la capacità di adattarsi, di uscire dagli schemi preimpostati e di mettere in discussione il proprio contesto. Avere la giusta mentalità è fondamentale per promuovere la trasformazione digitale e portare a compimento un percorso evolutivo; ma non sono soltanto i singoli individui a dover approcciare il cambiamento nel modo corretto, con volontà e per un fine più ampio del mero beneficio individuale. Se non lo fa l’intera organizzazione, a partire dai suoi vertici, la trasformazione non potrà mai avvenire fino in fondo.
Ragionare su questi temi vuol dire cambiare il proprio modello culturale e, di conseguenza, il modello culturale dell’azienda. Se si riesce a cambiare il mindset anche delle persone più resistenti, il processo di trasformazione diventa più semplice per l’intera organizzazione e si viene a creare un contesto che abilita l’innovazione.
Strategico, in questo senso, è anche avere un management capace di favorire la sperimentazione e disinnescare il meccanismo di controllo che punta il dito sull’errore e su chi lo commette.
Così come non è sufficiente implementare tecnologie all’avanguardia per fare trasformazione digitale, allo stesso modo non basta assumere competenze per scaricare a terra l’innovazione. È la cultura aziendale, attraverso la valorizzazione delle persone che compongono l’organizzazione, a creare i presupposti affinché il cambiamento possa avvenire.
Il giusto mix di cultura, modello di management e valori dei singoli è quello che determina la capacità di evolversi dell’azienda. Se si verificano queste condizioni, la responsabilità del cambiamento non è del solo manager, ma viene condivisa a tutti i livelli dell’organizzazione.
A questo punto è facile capire che senza una corretta gestione delle risorse umane è impossibile avanzare nei processi di trasformazione (anche digitale) in azienda. Serve un clima capace di valorizzare il singolo, integrare personalità diverse e favorire la commistione di competenze soft e hard, in cui è comunque fondamentale che chi lavora insieme sia unito attraverso una forte coesione valoriale, che spinge tutti a crescere per il bene comune, del team e dell’azienda. E non è facile come invece potrebbe sembrare.
Selezionare persone troppo simili, infatti, può innescare un meccanismo di omologazione che è nemico della sperimentazione, perché sono le diversità ad alimentare la creatività e innescare l’innovazione.
In questo contesto, il ruolo del management è fondamentale: il buon manager sarà il primo a chiedersi se il suo stile è coerente con le sfide della rivoluzione 4.0 e come il suo modo di gestire le persone possa influire sulle performance dell’intero team e sulla sua capacità di innovare.
Soltanto se tutte le persone si sentono coinvolte nel processo di cambiamento e valorizzate nella trasformazione, l’innovazione sarà realmente possibile.