Passare a un modello di produzione sostenibile è una delle grandi sfide che l’industria italiana si trova ad affrontare. In un primo momento guidata da vincoli normativi, la domanda di sostenibilità è stata negli ultimi anni trainata anche da consumatori e lavoratori, sempre più attenti a questi valori.
La sostenibilità è inoltre divenuta uno dei criteri di accesso a fondi a sostegno delle imprese messi a disposizione da governi e istituti di credito e un elemento di attrattività per gli investitori.
Questo fa sì che il passaggio verso un modello di produzione sostenibile non sia più un fattore “nice to have” quanto piuttosto un cambiamento inevitabile. Se, da un lato, le tecnologie digitali sono elementi abilitanti a questo cambiamento, sono anche tecnologie altamente energivore.
Per questo si parla anche di sostenibilità digitale: è necessario valutare anche l’impatto delle tecnologie sull’ambiente, in termini di energia necessaria all’alimentazione ed emissioni prodotte.
Per comprendere la roadmap di questo cambiamento è necessario considerare i principi dell’economia circolare, sui quali la produzione sostenibile si basa, ovvero:
Passare a questo modello di produzione sostenibile è ad oggi possibile grazie alla maturità raggiunta dalle tecnologie digitali. Tecnologie che permettono di rivoluzionare tutto il ciclo di vita dei prodotti e la gestione degli impianti e delle risorse, grazie a:
I tre principi dell’economia circolare descrivono un modello di produzione e consumo dove la catena di fornitura non è più unidirezionale, dal produttore al cliente, ma ha un flusso di informazioni e di scambio bidirezionale.
Le aziende che vogliono implementare una produzione sostenibile, del resto, non possono guardare unicamente all’impatto delle attività che avvengono all’interno dei propri confini. Un recente studio ha infatti dimostrato che le emissioni prodotte dai fornitori di un’azienda sono in media 11,4 volte più alte di quelle prodotte dall’azienda stessa.
Per passare a un modello di produzione sostenibile, occorre quindi coinvolgere tutti gli attori della Supply Chain in questo impegno. Le tecnologie digitali permettono di connettere, in tempo reale, tutti gli attori della catena, assicurando così quella condivisione di dati necessaria a implementare i principi della produzione sostenibile.
In queste Supply Chain sempre più digitali e integrate a cambiare è anche il rapporto tra produttori e consumatori finali. La comunicazione bidirezionale fa sì che i produttori possano avere una visione più completa di quelle che sono le esigenze della domanda e utilizzare queste informazioni per ottimizzare i prodotti.
La ricerca di una maggiore efficienza energetica, inoltre, apre a nuove opportunità di business per le aziende. Opportunità che sono incentrate sui servizi e che possono riguardare la manutenzione predittiva, l’analisi delle inefficienze e perdite energetiche, il corretto smaltimento dei rifiuti, la rigenerazione dei prodotti e molto altro.
Nell’Agenda 2030, l’ONU definisce la produzione sostenibile come un modello che promuove “l’efficienza delle risorse e dell’energia, di infrastrutture sostenibili, così come la garanzia dell’accesso ai servizi di base, a lavori dignitosi e rispettosi dell’ambiente e a una migliore qualità di vita per tutti”.
In una società sostenibile, la produzione è quindi al servizio dell’uomo. Le tecnologie digitali aiutano le aziende a raggiungere questi obiettivi. Permettono di creare ambienti di lavoro più sicuri e stimolanti, dove le macchine svincolano i lavoratori da compiti pericolosi, ripetitivi e a basso valore cognitivo.
In tale scenario, l’operatore deve essere in grado di interagire con le tecnologie coinvolte nella produzione. Si rendono necessarie nuove competenze, sia per l’utilizzo di queste tecnologie che per liberare il potenziale cognitivo della forza lavoro. La formazione continua diventa un elemento essenziale nell’industria, sia per attirare e trattenere i migliori talenti, che per assicurarsi in casa le competenze necessarie alla competitività aziendale.
Anche se il digitale è indispensabile a compiere il passaggio verso la produzione sostenibile, è importante considerare l’impatto delle tecnologie sull’ambiente. Si stima, infatti, che l’IT generi il 4% delle emissioni di CO2 a livello globale e si prevede che questa cifra aumenterà di tre volte entro il 2025 rispetto ai livelli del 2010.
I dati, cruciali al monitoraggio e l’efficientamento energetico, contribuiscono in gran misura a questo impatto. Più nello specifico, sono i data center - dove questi dati vengono immagazzinati ed elaborati - a pesare sull’ambiente, per l’energia necessaria alla loro alimentazione e raffreddamento.
I data center consumano infatti dalle 10 alle 50 volte più energia per metro quadrato rispetto a un ufficio tradizionale e rappresentano l’1% della domanda mondiale di energia. Domanda che, si prevede, crescerà ulteriormente con l’aumento degli utenti collegati.
Gli stessi dispositivi volti alla raccolta e alla trasmissione dei dati, inoltre, hanno un impatto non trascurabile sull’ambiente.
L’estrazione dei materiali rari di cui sono fatti molti chip utilizzati, infatti, è un’attività ben lontana dall’essere sostenibile. Molto spesso si tratta di risorse che devono essere importate e le attività di estrazione non sempre vengono svolte nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
Una volta prodotti, inoltre, questi dispositivi hanno bisogno di energia per funzionare e, finito il loro ciclo di vita, raramente sono riciclati. Inserire anche questi dispositivi nella catena circolare, allungare il loro ciclo di vita e incrementare il riciclo è essenziale alla sostenibilità del sistema.
Non si può pensare di passare a un modello di produzione sostenibile senza parlare di sostenibilità digitale. Ecco perché diversi technology provider stanno già realizzando degli investimenti per ridurre l’impatto ambientale delle tecnologie che offrono.