Il Design Thinking è un approccio all’innovazione che poggia le sue fondamenta sulla capacità di risolvere problemi complessi utilizzando una visione e una gestione creativa. Un approccio in origine adottato da agenzie e studi di design, ma che negli ultimi anni si è diffuso in diversi ambiti di applicazione. Dalla Pubblica Amministrazione, ai produttori di software, alle startup: negli ultimi 6-8 anni il Design Thinking è penetrato in sempre più settori, cambiando l’approccio all’innovazione.
Questo perché il Design Thinking combina metodologie e tecniche quantitative a processi di inferenza maggiormente sintetici e intuitivi. Un approccio che può aiutare le aziende a vincere le sfide della trasformazione digitale, rivoluzionando i processi e permettendo di creare nuovi modelli di business.
Il Design Thinking può assumere diverse forme e seguire approcci distinti, a seconda dell’ambito di applicazione, delle sfide da superare e degli obiettivi perseguiti dal progetto di innovazione.
L’Osservatorio Design Thinking del Politecnico di Milano ha individuato quattro approcci distinti: Creative Problem Solving, Sprint Execution, Creative Confidance e Innovation of Meaning.
Il Creative Problem Solving permette di risolvere un problema attraverso un approccio creativo. Secondo le ricerche dell’Osservatorio, questo approccio è adottato, oltre che dal 92% degli studi di design, anche nella maggior parte delle aziende.
Nello specifico, il Creative Problem Solving è adottato dall’82% delle società di sviluppo tecnologico, dal 69% dei consulenti strategici e dal 67% delle agenzie digitali. Inoltre, i dati dell’Osservatorio sottolineano che il 65,5% del fatturato annuale di queste imprese deriva da servizi basati su questo modello.
Questo perché seguendo l’approccio creativo alla risoluzione dei problemi si possono creare nuovi prodotti e soluzioni volte a rispondere ai bisogni dei clienti.
La centralità dell’utente è infatti uno dei valori cardine di questa metodologia di innovazione, che permette alle aziende di espandere l’offerta e accrescere la loro competitività.
Lo Sprint Execution è un approccio rivolto a realizzare un prodotto da lanciare sul mercato, nel più breve tempo possibile, ed è per questo molto diffuso tra le startup. In questo approccio, il mercato di riferimento assume ancora più importanza rispetto al Creative Problem Solving.
Dal mercato, infatti, le aziende possono trarre conoscenza da sfruttare per il processo di innovazione. Processo che, in questo caso, non è più basato sui bisogni dei clienti, ma sulle reazioni a un prodotto o a un servizio.Reazioni che l’azienda può sfruttare per ottimizzare il prodotto, sempre in un’ottica di velocità di prototipazione e messa sul mercato.
Proprio per queste caratteristiche, lo Sprint Execution è il processo di Design Thinking che più coerente alle dinamiche che contraddistinguono l’innovazione digitale.
Il Design Thinking è un approccio all’innovazione che poggia le sue fondamenta sulla capacità di risolvere problemi complessi utilizzando una visione e una gestione creativa.Un approccio in origine adottato da agenzie e studi di design, ma che negli ultimi anni si è diffuso in diversi ambiti di applicazione. Dalla Pubblica Amministrazione, ai produttori di software, alle startup: negli ultimi 6-8 anni il Design Thinking è penetrato in sempre più settori, cambiando l’approccio all’innovazione.
Questo perché il Design Thinking combina metodologie e tecniche quantitative a processi di inferenza maggiormente sintetici e intuitivi. Un approccio che può aiutare le aziende a vincere le sfide della trasformazione digitale, rivoluzionando i processi e permettendo di creare nuovi modelli di business.
Il Design Thinking può assumere diverse forme e seguire approcci distinti, a seconda dell’ambito di applicazione, delle sfide da superare e degli obiettivi perseguiti dal progetto di innovazione.
L’Osservatorio Design Thinking del Politecnico di Milano ha individuato quattro approcci distinti: Creative Problem Solving, Sprint Execution, Creative Confidance e Innovation of Meaning.
Il Creative Problem Solving permette di risolvere un problema attraverso un approccio creativo. Secondo le ricerche dell’Osservatorio, questo approccio è adottato, oltre che dal 92% degli studi di design, anche nella maggior parte delle aziende.
Nello specifico, il Creative Problem Solving è adottato dall’82% delle società di sviluppo tecnologico, dal 69% dei consulenti strategici e dal 67% delle agenzie digitali. Inoltre, i dati dell’Osservatorio sottolineano che il 65,5% del fatturato annuale di queste imprese deriva da servizi basati su questo modello.
Questo perché seguendo l’approccio creativo alla risoluzione dei problemi si possono creare nuovi prodotti e soluzioni volte a rispondere ai bisogni dei clienti.
La centralità dell’utente è infatti uno dei valori cardine di questa metodologia di innovazione, che permette alle aziende di espandere l’offerta e accrescere la loro competitività.
Ridurre il time to market di nuovi prodotti e soluzioni grazie al Design Thinking
Lo Sprint Execution è un approccio rivolto a realizzare un prodotto da lanciare sul mercato, nel più breve tempo possibile, ed è per questo molto diffuso tra le startup. In questo approccio, il mercato di riferimento assume ancora più importanza rispetto al Creative Problem Solving.
Dal mercato, infatti, le aziende possono trarre conoscenza da sfruttare per il processo di innovazione. Processo che, in questo caso, non è più basato sui bisogni dei clienti, ma sulle reazioni a un prodotto o a un servizio.Reazioni che l’azienda può sfruttare per ottimizzare il prodotto, sempre in un’ottica di velocità di prototipazione e messa sul mercato.
Proprio per queste caratteristiche, lo Sprint Execution è il processo di Design Thinking che più coerente alle dinamiche che contraddistinguono l’innovazione digitale.
Creative Confidance è il processo di Design Thinking con cui le aziende possono stimolare imprenditorialità all’interno, coinvolgendo le persone per dare loro maggiore spazio. La minore diffusione di questo modello rispetto agli altri dovrebbe far riflettere i leader aziendali.
Questo modello, infatti, richiede che in azienda ci sia la capacità di far leva e stimolare le attitudini alla base del Design Thinking. Parliamo quindi di empatia, tolleranza, accettazione del rischio del fallimento, ma anche capacità di gestire l’incertezza: tutte qualità che sono necessarie in un’azienda orientata all’innovazione.
Dotarsi di risorse con queste caratteristiche, o essere in grado di costruirle all’interno del team, è il presupposto per instaurare nei dipendenti il senso e la volontà di innovare. È un approccio che, contrariamente ai precedenti, non si focalizza sulla risoluzione di un problema, quanto piuttosto sulla creazione di una visione.
Sulle stesse basi si fonda l’Innovation of Meaning, anche questo un modello poco diffuso ma in rapida crescita. Si tratta di un’interpretazione del Design Thinking, con cui l’azienda definisce i valori, la visione e la strategia per l’innovazione, alla ricerca di direzioni e strategie che possano apportare valore alle organizzazioni e agli utenti finali che le promuovono.
Il focus di questo approccio, proprio come nel Creative Confidance, è duplice. Da un lato, infatti, non si perde di vista l’utente finale, ma dall’altro si guarda anche all’interno dei confini aziendali.
Si creano le basi per l’innovazione, costruendo una strategia in grado di portare, sia al mercato che all’interno dell’azienda, del valore aggiunto.
Una strategia che, come numerose ricerche hanno dimostrato, manca ancora a una buona parte delle aziende italiane. Tuttavia, con la spinta accelerativa che la pandemia ha dato al processo di trasformazione digitale, anche questo approccio si sta facendo strada all’interno delle imprese.
Quattro approcci che non si contrappongono, ma che sono complementari. I modelli descritti, infatti, permettono all’azienda di chiudere il cerchio del processo innovativo.
Innovazione che, per risultare in prodotti e servizi competitivi sul mercato, deve saper sfruttare le opportunità che derivano dalle tecnologie. E per far questo, oltre alle competenze tecniche (hard skill) servono anche competenze interpersonali (soft skill) necessarie a relazionarsi con clienti e colleghi.
La contaminazione di idee è infatti alla base del processo creativo: permette di sfruttare competenze ed esperienze presenti in azienda per creare valore aggiunto. Un percorso che parte dalla definizione di una strategia e passa per la valorizzazione e la ricerca delle competenze necessarie. Competenze strumentali alla ricerca di soluzioni innovative a problemi interni o esigenze dei clienti, in un’ottica di agilità, riduzione del time to market ed efficienza.